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lunedì 12 giugno 2017

STRANIERI E ACCOGLIENZA

Quando sono arrivati quegli stranieri, piccoli, orfani, affamati, di un diverso colore, che parlavano un linguaggio differente dal suo, Brenda avrebbe potuto pensare "mi spiace, qui siamo già troppi, io ho otto figli da sfamare (più uno che ho perso), non possiamo salvarci tutti, non è colpa mia." in fondo avrebbe avuto ragione. Perché mettere in pericolo tutti per qualcuno che non conosceva? Perché rischiare il benessere dei propri figli per i figli di qualcun altro (peraltro morto e che quindi non poteva perorarne la causa)? Invece è rimasta in silenzio, li ha guardati e poi gli ha permesso di mangiare. Li ha accolti come se fossero figli suoi. Non so cosa le sia passato per la mente, se abbia ritenuto che dove si mangia in otto si mangia anche in dieci, o semplicemente abbia capito istintivamente cosa è "bene" e cosa è "male" (quantomeno per lei). Sta di fatto che gli ha permesso di entrare a far parte della sua famiglia, li ha nutriti e continua a farlo (perlomeno con quello che è sopravvissuto). Io non so come lei definisca tale azione, ma a me viene in mente solo una parola: "accoglienza".


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