immagini, pensieri, curiosità, felinità varie…

martedì 13 giugno 2017

UN RICCIO?

Certe volte sembra un riccio…

lunedì 12 giugno 2017

STRANIERI E ACCOGLIENZA

Quando sono arrivati quegli stranieri, piccoli, orfani, affamati, di un diverso colore, che parlavano un linguaggio differente dal suo, Brenda avrebbe potuto pensare "mi spiace, qui siamo già troppi, io ho otto figli da sfamare (più uno che ho perso), non possiamo salvarci tutti, non è colpa mia." in fondo avrebbe avuto ragione. Perché mettere in pericolo tutti per qualcuno che non conosceva? Perché rischiare il benessere dei propri figli per i figli di qualcun altro (peraltro morto e che quindi non poteva perorarne la causa)? Invece è rimasta in silenzio, li ha guardati e poi gli ha permesso di mangiare. Li ha accolti come se fossero figli suoi. Non so cosa le sia passato per la mente, se abbia ritenuto che dove si mangia in otto si mangia anche in dieci, o semplicemente abbia capito istintivamente cosa è "bene" e cosa è "male" (quantomeno per lei). Sta di fatto che gli ha permesso di entrare a far parte della sua famiglia, li ha nutriti e continua a farlo (perlomeno con quello che è sopravvissuto). Io non so come lei definisca tale azione, ma a me viene in mente solo una parola: "accoglienza".


martedì 6 giugno 2017

COSE BRUTTE & COSE BELLE

Vivendo con gli animali si imparano molte cose. La più importante è che vita e morte sono separate da una linea molto sottile e basta pochissimo per oltrepassarla. La bravissima Brenda (trovata sperduta in collina) una settimana fa ha partorito 9 bellissimi cuccioli. Sembravano stare tutti bene, ma qualche giorno dopo uno di loro ci ha lasciato. Probabilmente non è riuscito a nutrirsi a sufficienza, ed è anche colpa mia che avrei dovuto accorgermene prima. Ora, ossessionato da questo fatto, continuo a controllare che tutti gli altri ciiuccino a sufficienza, e sembra di si: crescono giorno dopo giorno. Poco dopo la perdita, si presenta un vicino con due cuccioli di gatto di meno di due settimane. La loro mamma, una randagia, è sparita. Due fratellini sono già morti e i due rimanenti sono senza cibo e cure da non si sa quante ore. Tentiamo una mossa azzardata, mettiamo i cuccioli (di gatto) in mezzo a quelli di Brenda (cani). La mamma è un po' perplessa, ma supera subito i suoi dubbi e li lava, dopodiché lascia che si attacchino alle mammelle. L'adozione funziona. Inoltre, acquistato latte in polvere provvediamo a un ulteriore allattamento artificiale. Resta quella linea sottile… Un gattino la oltrepassa e non sopravvive. L'altro è più tenace e da qualche giorno succhia dal biberon e vive in mezzo ai "fratellini" cani. Non so se riuscirà a sopravvivere, ma certo ci sta provando, con l'inaspettato aiuto di una cagnolona. Ignoro se in tutto questo ci sia una morale, mi limito a incrociare le dita e ad alzarmi nel cuore della notte per la ciucciata col biberon.







UN GATTO CHE NON È UN GATTO


Esiste un luogo dove i topi amano i gatti e questi ultimi passeggiano sulla Luna, mentre cani ed esseri umani sono costretti a subire le loro stravaganti angherie. Tale incredibile mondo non si trova in un'altra dimensione o su un pianeta alieno, ma proprio qui, sulla Terra, tra le pagine di quegli illustratissimi e variopinti albi che chiamiamo fumetti. Simpatici e pestiferi felini albergano infatti nel mondo delle nuvolette sin dalle origini di questo particolare medium, caratterizzandosi per originalità e forza trasgressiva. I mici di carta pur apparendo talvolta estremamente differenti da quelli reali per aspetto e comportamento, riescono tuttavia a mantenere intatta la loro essenza, la loro felinità, quello strano ossimoro esistenziale che li rende animali domestici e selvatici al medesimo tempo, pronti a convivere con gli esseri umani ma solo alle proprie condizioni. Una contraddizione che nelle tavole disegnate si manifesta attraverso nonsense, ardite soluzioni grafiche, strizzatine d’occhio all’arte moderna, desiderio di indipendenza e trasgressione. Il Big Bang di questo particolare universo, che spesso viola le leggi della fisica che conosciamo, è datato 1910, quando prende vita la prima striscia avente quale protagonista un gatto. Si tratta di Krazy Kat, una decisamente talmente innovativa per quei pionieristici anni. Il suo creatore, George Herriman, imbastisce un teatrino con pochi personaggi e un copione dalle regole tanto rigide quanto libere e innovative. Nell’immaginaria città di Coconino il gatto Krazy Kat (di cui non viene specificato il sesso) è innamorato del topo Ignatz. Quest’ultimo risponde lanciandole un mattone e finendo in gattabuia grazie all'intervento del cane poliziotto Offissa Pupp, a sua volta infatuato di Krazy che si dispera per il destino del topo. Herriman, senza saperlo, ha gettato le basi per una visione dei gatti, surreali e anarchici, destinata a tenere banco fino ai giorni nostri. Così, nel successivo Felix the Cat (noto in Italia anche come Mio Mao) mutano personaggi e luoghi ma la musica non cambia. Creato nel 1917 da Pat Sullivan come cartone animato, nel 1923 Felix viene trasformato in fumetto da Otto Messmer. Si tratta di un gatto dai comportamenti umanizzati ma dotato di una logica assurda, tanto che nelle sue avventure tutto è possibile, con oggetti che si trasformano e comiche situazioni ambientate sulla Luna.
Le mode passano, ma la pervicace indipendenza dei gatti non tramonta. Non stiamo qui a elencarli tutti, anche perché non basterebbe un libro, e arriviamo subito al soggetto principale di questa recensione. Negli anni Ottanta l’italiano Franco Matticchio comincia a scrivere e disegnare brevi storie di Jones, un gatto antropomorfo che ha ben assorbito e rielaborata la lezione di Herriman. Storie talvolta mute, nelle quali può succedere di tutto e dove le regole della realtà sembrano non valere, lasciando spazio a un mondo onirico e visionario del quale Jones è talvolta protagonista involontario e talvolta solo spettatore. Forse, il suo assumere forma semiumana ne ha indebolito l’essenza felina, quasi onnipotente, dei suoi predecessori di carta e di china, pur mantenendolo molto più incontrollabile, mutevole e inarrestabile, di noi semplici umani.
Il suo nome completo è Ezekkiah Jones, ma da bambino lo chiamavano semplicemente Zeke. Ha una benda da pirata sull’occhio sinistro (sin da bambino) ma non si sa il perché. A chi scrive questo suo aspetto polifemico ricorda un vecchio sketch del comico Francesco Salvini, che aveva battezzato col nome Categorico un pupazzino saltellante con un solo occhio, che (proprio perché monocolo) a suo dire aveva un solo punto vista ed era perciò categorico nelle sue opinioni. Ma a parte questa menomazione fisica i due sono molto differenti, perché Jones appare aperto a ogni soluzione incredibile, muovendosi in brevi racconti ove tutte è possibile. Potremmo dire che i suoi disegni sono principalmente in bianco e nero, ma nelle sue storie ne succedono di tutti i colori. Quindi, Jones litiga con un cuscino che prende vita, insegue il suo cappello su alberi che sembrano non avere mai fine, vede crescere e prendere vita i fiori sulla sua camicia hawaiana. All’inizio si stupisce anche lui di tante stravaganze, ma poi si lascia trasportare da esse, novello Gulliver del sogno e del nonsense. D’altra parte, se può esistere un gatto antropomorfo possono esistere anche luoghi fantastici ove sogno e realtà si confondono, convivono e talvolta lottano tra loro. Anche se non è chiaro quale sia il vincitore. Con un tratteggio dal sapore vagamente ottocentesco e storie che ricordano la slapstick comedy e il limerick per immagini invece che per versi, Jones è un novello Alice in fumetti di meraviglie. Che importa se le trame non hanno senso (ma veramente non ne hanno?), l’importante è che ci incantino e ci trascinino al loro interno trasformando anche noi, per il tempo della lettura, in piccoli Jones e in piccole Alici.


Franco Matticchio
Jones e altri sogni
Rizzoli Lizard
pp. 252
euro 25,00